Il cantautore Ultimo sulle tasse: questo è un mondo dove più sei ricco, meno paghi

Anche Ultimo punta il dito contro le multinazionali che non pagano le tasse sfruttando i paradisi fiscali. In un’intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, il cantautore romano che ha venduto oltre due milioni di album e ha vinto 21 dischi d’oro affronta il tema dell’evasione fiscale e dell’ingiustizia di un mondo nel quale più sei ricco meno paghi.

Le parole di Ultimo si concentrano nell’intervista sul disagio giovanile, sulla mancanza di punti di riferimento dei giovani e sulla scarsa attenzione della politica e della società nei confronti della sua generazione. Ma c’è spazio anche per altro.

Dopo aver affermato che anche i cantautori fanno politica con le loro canzoni, Ultimo sostiene che a comandare davvero nel mondo sono “i padroni del mercato. I giganti del commercio digitale. Quelli che non pagano le tasse: un menefreghismo vergognoso – aggiunge -. Lo Stato perseguita l’idraulico che ha evaso venti euro e si disinteressa di quelli dei paradisi fiscali. Chi ha di più deve dare di più. Invece abbiamo costruito un mondo in cui più sei ricco, meno paghi. Un mondo al contrario”.

Già, più sei ricco, meno paghi. Ultimo ha ragione. È davvero questo ciò che accade nel mondo, come hanno dimostrato numerose ricerche internazionali. Ciò che accade è che le imposte sono, in genere, progressive fino a un determinato reddito. Ma poi, quando arrivano a tassare i profitti dei milionari o delle multinazionali, diventano paradossalmente regressive. Cioè: più sei ricco, meno paghi.

Le parole di Vasco Rossi

Due  mesi fa, in un’altra intervista – sempre sul Corriere della Sera -, Vasco Rossi aveva affermato che “non pagare le tasse è una vergogna. Io sono italiano, fiero e orgoglioso di esserlo, e ho voluto mantenere la residenza in Italia. Voglio e debbo versare tutte le tasse al mio Paese. Se guadagno, vuol dire che posso pagare. Sono favorevole anche a un’imposta sul patrimonio. E dovrebbero pagare le tasse pure le multinazionali, a cominciare dai padroni della Rete”.

È positiva questa attenzione da parte di due cantautori italiani di generazioni così diverse e potrebbe forse risvegliare l’attenzione su un tema ignorato anche dalle forze politiche, nonostante siamo alla vigilia del voto per il nuovo Parlamento europeo.

La corsia privilegiata

Girando per i paradisi fiscali in Europa ho potuto constatare che la realtà è proprio quella raccontata da Ultimo. Le grandi multinazionali e i super ricchi godono di una corsia privilegiata e di leggi su misura che consentono loro di decidere quante imposte pagare e dove pagarle. A volte possono anche decidere di non pagarle affatto. Una situazione molto diversa da quella dell’idraulico ma anche da quella delle piccole e medie imprese che questa corsia privilegiata non ce l’hanno affatto.

Ho descritto il “Mondo di sopra” dei privilegiati nel libro “Europa parassita – Come i paradisi fiscali europei ci rendono tutti più poveri” (Chiarelettere) e prima ancora lo avevo fatto in un altro libro: “La cassaforte degli evasori” (sempre Chiarelettere), scritto con Hervé Falciani.

L’Europa di oggi – come ho riscontrato nel mio viaggio – è un continente dal doppio volto. C’è il nostro mondo, scandito nel bene e nel male dalla vita di tutti i giorni, dagli affitti e dai mutui da pagare, dai soldi da risparmiare per le vacanze o per l’università dei figli, dalle tasse da versare, sempre troppo alte e sempre da saldare fino all’ultimo centesimo, mai un po’ meno. Un’esistenza regolata da leggi alle quali – anche volendo – non potremmo sottrarci.

E poi c’è il mondo che noi, cittadini comuni, non riusciamo a mettere a fuoco limpidamente perché troppo lontano dalla nostra realtà. Non siamo capaci neppure di immaginarlo e non per cattiva volontà ma perché – come insegnano gli psicologi sociali – chi vive le fatiche di tutti i giorni non è in grado di raffigurarsi la vita strabordante ed eccessiva di chi trascorre le sue giornate immerso in una ricchezza che non sarà mai in grado di spendere nell’arco della propria esistenza.

Il Mondo di sopra è la realtà parallela di un continente che credeva di aver ridotto le disuguaglianze grazie alla conquista della democrazia – un uomo, un voto – ma che si scopre sorprendentemente fragile mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, il ceto medio sprofonda e l’ascensore sociale – che aveva reso possibile una vita migliore per molti – si è inceppato fino a bloccarsi quasi del tutto.

I neoliberisti

Per decenni l’ideologia neoliberista ha dipinto come perfetto e necessario il modello della trickle-down economics, un assunto secondo il quale i benefici economici elargiti ai ceti abbienti – soprattutto riducendone le tasse – favoriscono automaticamente l’intera società, comprese la classe media e le fasce più disagiate della popolazione. La teoria dello “sgocciolamento” della ricchezza verso il basso era diventata un dogma, il pensiero unico che non poteva essere messo in discussione.

Con il passare degli anni, per , questa tesi si è dimostrata non soltanto profondamente errata ma addirittura dannosa per la salute delle democrazie europee, come ha più volte evidenziato l’economista francese Thomas Piketty, autore di un libro fondamentale per comprendere le dinamiche pericolose che si sono innescate negli ultimi decenni nel mondo occidentale.  Ora è chiaro che lo “sgocciolamento” ha arricchito ancora di più chi era già ricco e ha reso siderale la distanza tra il Mondo di sopra e la nostra realtà. Ciò che sgocciola verso il basso ormai non è più ricchezza ma povertà e privazione, perché i soldi restano incagliati nel paradiso dei ricchi, a uso esclusivo dell’élite di privilegiati che evadono le tasse – ma nella maggior parte dei casi le eludono, cioè le evitano legalmente – utilizzando i servigi dei paradisi fiscali, cioè degli stati parassiti.

Quei 200 miliardi offshore

Nel 2022 gli italiani più ricchi hanno messo al sicuro nei paradisi fiscali internazionali quasi 200 miliardi di euro, in gran parte leciti ma per una buona fetta non dichiarati al Fisco. Soldi che potrebbero essere affidati agli istituti finanziari del nostro Paese per essere magari investiti nelle nostre città ma che invece sono stati trasferiti oltreconfine dai loro proprietari. La parte più cospicua di questo tesoretto, circa 181 miliardi, è depositata proprio nelle banche delle giurisdizioni offshore oppure è investita in attività finanziarie come azioni, obbligazioni, fondi d’investimento e polizze vita, ma sempre nei paradisi fiscali.

Altri 15,5 miliardi sono stati impiegati per acquistare immobili in Costa Azzura, a Parigi, a Londra, a Dubai e a Singapore. Mancano all’appello, invece, una quantità imprecisata di miliardi utilizzati per comprare opere d’arte, oro, gioielli, auto di lusso, vini pregiati, yacht e jet privati. Una cifra impossibile da quantificare ma che porta il jackpot dei soldi fuggiti all’estero a livelli enormemente più alti. In totale, la ricchezza offshore degli italiani – almeno quella che è stata possibile ricostruire con i dati – è pari al 10,6% del Prodotto interno lordo del Paese. Una fetta di Pil che si è volatilizzata e che spesso ha preso strade opache e impossibili da individuare. Di questa cifra così enorme, però, solo il 25% rappresenterebbe il bottino dell’evasione fiscale.

La partita truccata

Grazie ai paradisi fiscali, il Mondo di sopra gioca una partita ingiusta e immorale. È come se due squadre di un match di calcio seguano regole diverse nello stesso incontro e a una di loro venga concessa la libertà di commettere falli senza subire ammonizioni o espulsioni e di non osservare i criteri che valgono per l’altra squadra. Sembrerebbe una partita truccata. E invece no, perché uno scontro è alterato solo quando le norme vengono violate e in questo caso non lo sarebbero.

Già, è triste dirlo, ma non lo sono perché le regole prevedono esattamente che una delle due squadre giochi in modo diverso dall’altra, dando vita a una partita falsata da una regolamentazione assurda. Assurda ma legale. È ciò che succede ogni giorno in Europa tra Mondo di sopra e Mondo di sotto. E nessuno può accusare le élite del Mondo di sopra di violare le leggi perché le norme sono esattamente quelle, scritte a loro beneficio.

Nelle nostre democrazie le leggi valgono per tutti, senza distinzioni di censo, di sesso o di età. Ma nella realtà questo principio viene sistematicamente violato. Nella pratica, alcune norme – soprattutto quelle fiscali – sono coscientemente promulgate per favorire le élite, quell’1% di privilegiati che gioca con la licenza di commettere falli senza ricevere ammonizioni né espulsioni.

Se Ultimo e Vasco Rossi scrivessero insieme una canzone per denunciare l’assurdità di un mondo al contrario, darebbero un contributo importante alla giustizia del nostro mondo.

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angelomincuzzi.com

 

  • habsb |

    dr. Mincuzzi
    il suo articolo è profondamente errato per numerose ragioni
    1° la tassazione regressiva è un mito che non è mai stato documentato in modo serio e esauriente, ma solo con casi estremi molto particolari. Nella realtà esistono aliquote progressive, che si applicano ai ricchi come ai poveri.
    2° i lavori di Piketty, fra l’altro preparati dai suoi tesisti o giovani collaboratori, si sono rivelati pieni di gravi errori, forzature e estrapolazioni denunciate più volte da specialisti di varie scuole e paesi
    3° quello che Lei chiama “sgocciolamento” è un’evidenza scoperta da secoli, da Cantillon per l’esattezza, che fa si’ che il denaro dei ricchi alimenta tramite il consumo e/o l’investimento la vita economica di tutta la nazione.
    E’ stato anche detto che i profitti di ieri sono gli investimenti di oggi e i salari di domani.
    Funziona, e se non funziona è proprio perché un’imposizione eccessiva spinge i ricchi a investire altrove quando non addirittura a consumare altrove spostando prima le loro imprese, poi la loro residenza con seconde o anche prime case
    4° chiunque non sia mosso da pregiudizi o tesi prefabbricate puo’ constatare che i paesi a minore tassazione sono anche più prosperi, vantano una classe media più agiata e un minore coefficiente di Gini, quindi una minore sperequazione economica

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