Viaggio nell’Europa dei super ricchi. Ecco perché l’Unione europea o cambia o muore

Il viaggio nel paradiso dei super ricchi è un cammino verso l’inferno. Ho girato l’Europa per capire perché la classe media e i cittadini comuni stiano diventando sempre più poveri e paghino sempre più tasse mentre i ricchi moltiplicano i patrimoni grazie al privilegio di non versare la quantità di imposte che dovrebbero. La realtà che ho visto non mi è piaciuta e l’ho chiamata “Europa parassita”.

L’Europa è oramai un’immensa prateria nella quale un’élite di privilegiati dilaga come Gengis Khan nelle antiche steppe dell’Asia. Può sembrare un’immagine eccessiva ma – vi assicuro – non lo è. Quella che ho visto è un’Unione europea alla deriva, come un’armata Brancaleone, debole con i forti e forte con i deboli. Nel momento storico in cui avrebbe bisogno di essere più unita di sempre a causa delle minacce geopolitiche che la circondano, l’Unione sta invece danneggiando da sola il pilastro su cui si regge: la forza delle democrazie.

Da Amsterdam a Bruxelles

Ho camminato lungo i canali di Amsterdam alla ricerca dei moderni alchimisti che alleggeriscono le multinazionali dalle tasse e trasformano le imposte non pagate in corposi dividendi che vanno ad arricchire sempre gli stessi individui. Con il risultato che nelle casse pubbliche degli altri Stati europei arrivano solo le briciole di quanto sarebbe necessario per finanziare la sanità universale, le scuole, l’ammodernamento delle infrastrutture.

Ho passeggiato per le vie di Dublino, dove i giganti del web si rifugiano per sfuggire – anch’essi – al loro dovere fiscale. In Lussemburgo ho scoperto un insolito club di italiani, guarda caso tutti con i portafogli gonfi di soldi, con società senza alcun dipendente e che non avrebbero nessuna ragione di esistere nel Granducato se non per questioni puramente fiscali.

Sono stato a Bruxelles e poi a Estaimpuis, uno sperduto paesino di confine dove esiste una via abitata da miliardari che si sono trasferiti in Belgio, a seicento metri dalla Francia, solo per pagare meno tasse di quanto verserebbero nel loro paese di origine. Loro possono farlo. Sono miliardari.

E poi sono stato a Londra, il regno delle società fantasma e del riciclaggio, dove puoi creare con un clic una finta banca. Sono volato a Jersey, un’isola nel Canale della Manica che sembra spuntata dal medioevo e dove le più ricche famiglie del mondo hanno trovato il modo di moltiplicare le proprie fortune sfruttando un retaggio dell’epoca delle Crociate arrivato fino a noi.

Da Cipro a Montecarlo

All’estremo sud dell’Europa, a Cipro, ho vissuto l’esperienza più insolita, in una piccola piazza della città turistica di Limassol, affacciata sul mare. Circondato da edifici zeppi di società appartenenti ai più potenti oligarchi della Russia di Putin ho avuto modo di sperimentare le contraddizioni di un’Unione europea che respinge gli immigrati in cerca di speranze e spalanca le porte a chi arriva in jet o a bordo di SuperYacht da Mille e una notte con i propri capitali dall’origine opaca.

Ho seguito le piste dei soldi anche a Ginevra e a Montecarlo, il Principato del jet set dove i ricchi non pagano le tasse e un metro quadro di un’abitazione costa in media 50mila euro. E infine sono approdato a Dubai, all’ombra dei grattacieli più alti del mondo, un piccolo emirato divenuto un’appendice dell’Europa, dove trovano rifugio i capitali dell’evasione fiscale e di attività criminali.

Questa è quella che chiamo l’Europa parassita, un continente che in nome dell’ingordigia sta risucchiando dalle nostre società il collante che le tiene faticosamente insieme, e cioè la speranza che le nostre moderne democrazie possano garantire una maggiore giustizia sociale e un sistema di valori e di pari opportunità per tutti, senza privilegi o scorciatoie, senza vittime e senza carnefici.

Tutto quello che ho visto con i miei occhi – e solo quello – l’ho voluto raccontare nel libro che ho scritto alla fine del mio viaggio. Si chiama “Europa parassita – Come i paradisi fiscali dell’Unione europea ci rendono tutti più poveri ed è pubblicato dall’editore Chiarelettere.

L’Europa da cambiare

Ho cercato di spiegare, nel modo più semplice e comprensibile che ho trovato, perché i cittadini onesti che pagano le tasse sono costretti a versarle anche per gli evasori fiscali, per gli elusori e per le grandi multinazionali. Il risultato di tutto ciò è che i cittadini onesti pagano almeno il 20% di tasse in più, proprio perché devono versare anche la quota che gli altri non pagano.

Un’ingiustizia che negli anni ha scavato solchi profondi nella fiducia degli europei e degli italiani onesti e ha intaccato la fiducia nei moderni sistemi democratici, come l’alta percentuale di astensione alle votazioni politiche sta dimostrando. Sono segnali pericolosi, già sperimentati in passato.

Per cambiare bisogna però conoscere la realtà. Soprattutto bisogna conoscere i meccanismi che hanno determinato questa situazione. La grande evasione e la grande elusione fiscale sono le forme più odiose perché attuate da chi avrebbe tutti i mezzi per contribuire equamente allo sviluppo delle nostre democrazie, per quanto imperfette e inefficienti.

Il “Mondo di sopra”, abitato da super ricchi, vip e oligarchi, ha deciso di non contribuire più al miglioramento della società rompendo il patto di solidarietà alla base degli Stati moderni.

Ma non tutto è perduto.  Ho voluto dare il mio contributo con questo libro. Spero, in qualche modo, di esserci riuscito. Perché non c’è più molto tempo. L’Europa o cambia o muore.

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angelomincuzzi.com

  • habsb |

    non è cosi’ semplice, e non lo dico io, ma lo dicono i fatti
    Confronti la classifica dei paesi europei per pressione fiscale in percentuale del PIB (Danimarca 46.88%, Francia 45.15%, Austria 43.46% …)
    con quella dell’ uguaglianza di ricchezza (indice di Gini sui patrimoni privati).
    Non correlano affatto.
    Tra i paesi con meno disparità di patrimonio troviamo la Slovacchia, la Slovenia, e l’Ungheria tutti paesi dove la pressione fiscale è tra le più basse.
    Tra i paesi con più disparità di patrimonio troviamo invece Svezia e Danimarca, dove la pressione fiscale è molto alta.
    Non si puo’ quindi dire in alcun modo che le tasse generino uguaglianza. Sembra quasi vero il contrario
    In effetti alte tasse significano solo che il governo dispone di grandi capitali da utilizzare.
    Ma in genere questi capitali sono utilizzati per aiutare le imprese “campioni nazionali”, o par stimolare i consumi (alla Keynes), il che non fa che incrementare prezzi e quindi guadagni delle imprese di distribuzione e produzione
    Nel contempo le alte tasse impediscono alla classe media inferiore di progredire, accumulare risparmio e assumere lavoratori.
    Non per niente tra i campioni della disoccupazione troviamo le super-tassate Svezia, Italia e Francia
    mentre la tassazione leggera in Ungheria e Slovenia produce altissimi tassi di occupazione.

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