Il “no” di Stéphanie Gibaud e quei 4,5 miliardi di multa che Ubs dovrà pagare

Cercate su Google il nome di Stéphanie Gibaud e se conoscete il francese, e non lo avete ancora fatto, leggete la sua storia nel libro autobiografico “La femme qui en savait vraiment trop“, uscito in Francia nel 2014 pubblicato dall’editore Le Cherche-Midi. Capitere come si è arrivati alla multa da record inflitta dal Tribunale penale di Parigi al colosso bancario svizzero Ubs. L’istituto elvetico – hanno sentenziato i giudici francesi – dovrà pagare 3,7 miliardi di euro per frode fiscale aggravata dal riciclaggio, ai quali si aggiungono altri 800 milioni che dovrà versare come risarcimento allo Stato francese: in tutto fanno 4,5 miliardi di euro. Cose mai viste nel Vecchio continente.

Ubs ha naturalmente annunciato che presenterà appello, visto che respinge con forza ogni accusa, ma intanto i giudici hanno riconosciuto la banca colpevole di aver aiutato alcuni clienti francesi ad eludere le tasse tra il 2004 e il 2012 e riciclarne i proventi. Ubs non è nuova a sanzioni del genere. Il processo francese, infatti, segue un caso simile negli Stati Uniti, dove la banca svizzera ha accettato un accordo da 780 milioni di euro nel 2009, e in Germania, dove ha accettato una multa di 300 milioni di euro nel 2014. La filiale francese del gruppo svizzero, Ubs France, è stata multata per 15 milioni di euro per complicità negli stessi fatti.

E adesso, se nel frattempo avrete trovato su Google il nome di Stéphanie Gibaud saprete già chi è. Stephanie lavorava per Ubs France, aveva una vita agiata, viveva in un bel appartamento in uno dei quartieri più lussuosi di Parigi. Era una donna in carriera.

Fino a un giorno di giugno del 2008, quando la polizia si presenta nella sede della Ubs di Parigi (dove lei lavorava) per perquisire l’ufficio del direttore generale. In quel momento cambia la sua vita.

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I superiori le fanno una richiesta perentoria: le chiedono di distruggere dal suo computer alcuni dati sui clienti della banca. Stéphanie fa quello che altri non hanno fatto. Si rifiuta. La sua vita non sarà più quella di prima. «Ho perso il lavoro, la casa, l’affidamento dei miei figli – ha raccontato lo scorso ottobre quando ha chiesto un risarcimento di 3,5 milioni di euro -. Da anni vivo con il minimo sociale. Se avessi deciso di distruggere i documenti della banca, come mi era stato ordinato nel 2008, non avrei mai collaborato con la giustizia e avrei proseguito la mia carriera».

Il rifiuto di eseguire quello strano ordine ricevuto da suoi capi la pone in una posizione sospetta nella banca dove lavora da anni. Cominciano le pressioni, anche psicologiche, per metterla da parte. Pressioni che Stéphanie racconta nel suo libro. Fino a quando viene licenziata.

Cosa ci fosse in quei file che dovevano essere distrutti lo ha raccontato con dovizia di particolari il giornalista Antoine Peillon nel libro “Ces 600 milliards qui manquent à la France” (Seuil). Erano le prove dell’esistenza di una lista parallela di clienti di Ubs France, il cosiddetto “carnet du lait”, e del fatto che i gestori della banca arrivavano direttamente dalla Svizzera per svolgere attività in Francia senza averne l’autorizzazione.

Sul giornale online Mediapart, Stéphanie Gibaud ha raccontato la sua situazione paradossale. «Non ho ingannato nessuno, non ho rubato nulla, non ho mai mentito, ho aiutato dei funzionari del mio paese a decifrare dei meccanismi e dei processi che erano a loro sconosciuti, ho risposto a ciò che mi è stato chiesto; ma il governo francese mi ha abbandonato. Apparentemente tutto è normale. Apparentemente tutto va bene. Ma queste sono solo le apparenze. Dietro la partecipazione a un programma televisivo, a un’intervista, un’audizione o una presentazione in un tribunale, c’è una vita che è crollata e ci sono dei danni collaterali che il pudore non mi permette di spiegare».

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E ora? Ora che Ubs è stata condannata (in primo grado, certamente) a una multa mai vista in Europa, si può lasciare Stephanie Gibaud senza che il suo ruola di whistlebower venga riconosciuto?

Negli Stati Uniti, a Bradley Birkenfeld, un ex banchiere della stessa Ubs che ha aiutato il Dipartimento della Giustizia americano a scovare gli evasori fiscali che avevano dei conti nella banca svizzera, il Whistleblower Office dell’Internal revenue service (il fisco Usa) ha riconosciuto un premio per aver fatto recuperare all’amministrazione americana enormi quantità di soldi. E così Birkenfeld ha ricevuto la bellezza di 104 milioni di dollari.

In Francia Ubs è stata condannata per aver aiutato migliaia di ricchi contribuenti francesi a evadere il Fisco tra il 2004 e il 2012. È stata accusata di aver inviato suoi funzionari in Francia per sollecitare illegalmente i cittadini francesi a depositare illegalmente i loro soldi in Svizzera, soprattutto durante eventi culturali e sportivi. Secondo la procura di Parigi le attività francesi non dichiarate gestite da Ubs in quel periodo variavano da 8 miliardi a 23 miliardi di euro.

Lo scorso 8 gennaio Stéphanie Gibaud ha ufficialmente chiesto al direttore generale della Dogana francese, che in base a una legge del 1995 può compensare coloro che hanno fornito informazioni che portano alla scoperta di crimini o illeciti, di riconoscerle una retribuzione da informatore. Ma l’ex funzionaria di Ubs non ha ricevuto finora nessuna risposta, nonostante il fisco francese abbia già recuperato 4,7 miliardi di euro dalla regolarizzazione delle attività detenute dai clienti francesi della banca svizzera.

E adesso, se la Francia incasserà la multa da Ubs lo dovrà anche a Stéphanie. La cui vita, nel frattempo, si è infranta su un “no”.

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