Ci sono domande che a Montecarlo non si possono fare senza destare l’interesse della polizia del Principato. Neppure se sei un giornalista e stai lavorando a un reportage sul paradiso fiscale della Costa Azzurra. Ce ne siamo accorti – io e il mio collega Daniele Vaschi – in una calda giornata di sole, con il cielo azzurro e il mare verde smeraldo. Siamo stati fermati e identificati dalla polizia di Montecarlo per aver chiesto ai concierge dei condomini dove abitano i campioni del tennis mondiale Jannik Sinner e Novak Djokovic se realmente i due atleti risiedessero lì.
Sul lungomare di Larvotto – quartiere “in” di Montecarlo – due poliziotti in moto ci hanno fermati pochi minuti dopo aver pronunciato le “scottanti” domande.
C’è un detto che riguarda i giornalisti e che dice più o meno così: “Se sei in una stanza con due persone e una dice che fuori piove e l’altra che c’è il sole, il tuo compito è quello di aprire la finestra e di guardare con i tuoi occhi come è il tempo”.
È quello che abbiamo fatto a Montecarlo: semplicemente il nostro mestiere, quello di verificare di persona. Ma a Monaco, evidentemente, non si può. Tra l’esame di un carta d’identità, del tesserino da giornalista e del biglietto da visita, tra una domanda e l’altra, uno dei due poliziotti ci ha detto che quelle domande non si fanno perché i residenti vanno a Montecarlo per stare tranquilli.
Certamente né Sinner né Djokovic – ignari della nostra visita e di quanto è accaduto dopo – hanno alcuna responsabilità in tutto questo ma è chiaro che il Principato è molto efficiente nel garantire la sicurezza e la tranquillità dei suoi residenti. I quali pagano un biglietto per ottenere la residenza a Montecarlo: devono affittare o acquistare un’abitazione (il prezzo del metro quadro può raggiungere anche i 120mila euro) e depositare almeno 500mila euro in una banca. In cambio ottengono di non pagare le tasse e di trascorrere una residenza tranquilla e sicura.
Mentre sotto il sole consegnavamo i documenti ai poliziotti e rispondevamo alle loro domande e mentre eravamo osservati con stupore e forse con disprezzo dai passanti che rallentavano per capire cosa stesse accadendo, ripensavo al passato.
Non era la prima volta che mi accadeva di essere fermato da poliziotti durante il mio lavoro. Ricordo due occasioni in particolare. La prima, una sera a Berlino Est, nell’ottobre 1989, poco prima della caduta del Muro. Ero appena uscito da una manifestazione di dissidenti e stavo per seguirli in un corteo per le strade buie della città. Erano dei militari. Mi lasciarono andare dopo aver controllato i documenti.
La seconda, a Pechino nel 2008. Per due ore, negli uffici della polizia – insieme alla coraggiosa interprete che mi accompagnava – fummo interrogati, filmati, fotografati. Consegnammo i passaporti e comunicammo i nostri luoghi di residenza a Pechino e i nostri numeri di telefono. Finì tutto bene anche quella volta.
Ora, ai due paesi comunisti (uno dei quali non esiste più), si è aggiunto il Principato di Monaco. Che comunista non è ed è saldamente collocato nell’Europa democratica ma che ha una particolarità non secondaria: è un paradiso fiscale. E questo lo rende profondamente diverso dagli altri paesi.
Tutto è bello, pulito e ordinato per le strade di Montecarlo. Basta non disturbare.
Per chi volesse ascoltare il podcast “Montecarlo, i segreti del concierge” e leggere il reportage, questi sono i link:
IL PODCAST – Montecarlo, i segreti del concierge
IL REPORTAGE – Montecarlo e i segreti del concierge, così gira il grande business immobiliare