L’offensiva di Biden: “Così 400 miliardari pagano meno tasse dell’americano medio, solo l’8,2%”

Le 400 famiglie più ricche degli Stati Uniti hanno pagato in media appena l’8,2% del loro reddito in imposte federali tra il 2010 e il 2018, un tasso molto più basso di quello pagato da molti americani comuni: parola di Joe Biden. È la Casa Bianca ad affermarlo attraverso uno studio realizzato dall’Office of management and budget (Omb) e dal Council of economic advisers (Cea) firmato da Greg Leiserson, economista senior del Cea, e Danny Yagan, capo economista dell’Omb.

La missione principale dell’Office of management and budget della Casa Bianca è quella di servire il presidente degli Stati Uniti nell’attuazione dei suoi programmi. L’Omb è il più grande componente dell’Ufficio esecutivo del presidente Biden. Riferisce direttamente al capo della Casa Bianca. Il Council of economic advisers, invece, consiglia il presidente degli Stati Uniti in materia di politica economica.

Ma cosa dice l’analisi degli esperti della Casa Bianca?

Il ragionamento di Biden

Quando un americano guadagna un dollaro di salario, quel dollaro viene tassato immediatamente alle normali aliquote dell’imposta sul reddito. Ma quando guadagna un dollaro perché le sue azioni aumentano di valore, quel dollaro viene tassato a un’aliquota bassa o non viene tassato del tutto. I guadagni sugli investimenti sono una fonte primaria di reddito per i ricchi. Tuttavia, le stime più comuni delle aliquote fiscali non catturano completamente il valore di questo beneficio fiscale perché utilizzano una misura incompleta del reddito.

I ricchi pagano tasse basse, anno dopo anno, per due ragioni principali. In primo luogo, gran parte del loro reddito è tassato ad aliquote preferenziali. In particolare, il reddito da dividendi e dalla vendita di azioni è tassato al massimo al 20% (23,8% inclusa l’imposta sul reddito da capitale), che è molto inferiore all’aliquota ordinaria massima del 37% (40,8%) che si applica agli altri redditi.

In secondo luogo, i ricchi possono scegliere quando il loro reddito da plusvalenze compare nella dichiarazione dei redditi e persino impedire che appaia. Se un investitore facoltoso non vende mai azioni che sono aumentate di valore, questi guadagni vengono cancellati ai fini dell’imposta sul reddito quando le attività vengono trasferite ai loro eredi in base a una disposizione nota come base intensificata (stepped-up basis).

Una caratteristica importante dello studio dell’amministrazione Biden è che include nell’analisi le plusvalenze non tassate (“non realizzate”) man mano che maturano.

L’8,2% su 1,8 trilioni di reddito

Misurare il reddito in questo modo più completo conta relativamente poco per stimare le aliquote fiscali della maggior parte delle famiglie, poiché la maggior parte delle famiglie ha pochi beni di investimento. Ma è molto importante per le famiglie più ricche per le quali questi guadagni non realizzati e quindi non tassati rappresentano una parte importante del loro reddito. Come tutte le altre forme di reddito, le plusvalenze non realizzate possono essere utilizzate per finanziare i consumi e possono migliorare il benessere finanziario.

Lo studio stima che le 400 famiglie più ricche abbiano pagato un’aliquota media federale dell’imposta sul reddito individuale dell’8,2% su 1,8 trilioni di dollari di reddito nel periodo 2010-2018, gli anni dell’ultimo decennio per i quali sono disponibili i dati completi.

Due fattori che contribuiscono a questa bassa aliquota fiscale stimata sono le aliquote basse sulle plusvalenze e sui dividendi tassati e la capacità delle famiglie facoltose di evitare permanentemente di pagare le tasse sui guadagni da investimento esclusi dal reddito imponibile. Il budget del presidente Biden per il 2022 propone di aumentare le plusvalenze e l’aliquota dell’imposta sui dividendi e di porre virtualmente fine all’aumento della base per gli americani con il reddito più alto, garantendo così che questi guadagni da investimento siano soggetti all’imposta sul reddito.

Il caso Warren Buffett

Le aliquote preferenziali sulle plusvalenze e la base rafforzata – una disposizione della legge fiscale che consente ai contribuenti facoltosi di cancellare le plusvalenze non realizzate ai fini dell’imposta sul reddito quando trasferiscono i beni ai loro eredi – contribuiscono a questa bassa aliquota fiscale. Il budget presidenziale per il 2022 aumenterebbe i tassi di plusvalenza e praticamente porrebbe fine all’aumento della base per gli americani a più alto reddito, garantendo così che i loro guadagni sugli investimenti siano soggetti all’imposta sul reddito.

Lo studio cita l’esempio del miliardario Warren Buffett. Nel 2015 Buffett era tra i 400 miliardari della classifica di Forbes, ma la sua dichiarazione dei redditi 2015 pubblicata volontariamente indicava un reddito lordo rettificato di 11,6 milioni di dollari. Nel 2015 Buffett ha pagato 1,8 milioni di dollari di imposta federale sul reddito delle persone fisiche, molto meno della media di 36 milioni di dollari per lo 0,001% superiore o della media di 9 milioni di dollari per lo 0,01% ancora più in alto.

Una conferma della diseguaglianza di trattamento fiscale negli Stati Uniti. In fondo, era stato lo stesso Buffett ad affermare: “Pago meno tasse della mia segretaria”. E Biden lo sa bene.

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  • Angelo Mincuzzi |

    Il suo ragionamento è corretto. Però in questo caso si parla di una una tassa che riguarderebbe soltanto un piccolo gruppo di persone: qualche decina di miliardari, cioè la punta più estrema tra i più ricchi degli Stati Uniti. È vero, come spiega lei, che la ricchezza legata alle azioni quotate in Borsa è aleatoria perché quei titoli possono improvvisamente perdere valore. Ma questa misura della tassa sulla ricchezza non riguarderebbe i normali investitori statunitensi. Bisogna tenere conto, inoltre, che alcuni tra gli uomini più ricchi degli USA utilizzano i titoli come garanzia per ottenere prestiti sui quali hanno detrazioni fiscali. Insomma, l’intenzione di Biden è quella di fare in modo che i più ricchi versino una maggiore quantità di tasse non solo per finanziare il piano di ripresa economica ma anche per riequilibrare un po’ una situazione che è sfuggita di mano.

  • habsb |

    È perfettamente normale che i dividendi siano tassati meno dei salari.
    Ricordo infatti che il dividendo è cio’ che resta dopo che gli utili sono stati tassati.
    Per cui la tassa sui dividendi, è altrettanto ingiusta di un’evenuale tassa (oggi ovunque inesistente) sul salario netto da imposte.
    Che direbbe Lei, se dopo la ritenuta fiscale sul Suo salario di giornalista, lo Stato le confiscasse ancora un quarto del rimanente, proprio come fa con l’ingiusta imposta sui dividendi?
    Dire poi che l’imposta sul plusvalore azionario è troppo debole significa dimenticare che tale plusvalore è puramente aleatorio e che sono molti gli investitori di Borsa che perdono regolarmente denaro. Si potrebbe perfino dire che il plusvalore degli uni è la perdita degli altri, per cui sarebbe giusto che lo stato non imponesse del tutto il plusvalore azionario. Altrimenti, prendendo a chi gudagna e non dando nulla a chi perde, poco a poco lo stato confischerà tutto il capitale privato
    In realtà non è cosi’ perche’ è proprio lo Stato, con le sue continue e astronomiche iniezioni di liquidità a far salire senza limiti i prezzi delle azioni (e delle case), ma cio’ significa anche che i guadagni sono piuttosto illusori: certo hai guadagnato $100mila in Borsa, ma comprare casa ti costa $100mila più di prima (e anche l’auto, il ristorante, le vacanze etc etc)

    Se uno stato volesse imporre una tassazione giusta e proporzionale alla ricchezza di ciascuno, allora dovrebbe optare per un’imposizione basata totalmente sulla proprietà, e non sui redditi. Chi è più ricco, paga di più. Ma basta un’occhiata al patrimonio personale di tutti i politicanti per comprendere che cio’ non sarà mai attuato.
    Grazie per l’attenzione

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