Eccoli i paradisi fiscali delle multinazionali. In prima fila ci sono tre territori l’oltremare della Gran Bretagna, e cioé le Isole vergini britanniche, le Bermuda e le Isole Cayman. Poi tre paesi europei, Olanda, Svizzera e Lussemburgo. In settima posizione c’è l’isola di Jersey, una dipendenza della corona britannica, seguita da Singapore, Bahamas e Hong Kong. La lista dei paesi più appetibili fiscalmente per le grandi corporation è stata stilata dal Tax Justice Network, che ha elaborato per la prima volta il Corporate Tax Haven Index.
L’elusione fiscale delle multinzionali provoca ogni anno un buco di 500 miliardi di dollari nelle casse dei paesi di tutto il mondo. E i dieci Stati ai primi posti nell’elenco del Tax Justice Network sono responsabili per oltre la metà di questo ammanco. Il 40% degli investimenti diretti transfrontalieri censiti dal Fondo monetario internazionale (pari a 18mila miliardi di dollari) sono concentrati in soli 10 paesi che offrono aliquote dell’imposta sulle società del 3% o addirittura inferiori.
Le responsabilità della Ue
Escluso il Regno Unito, l’Unione europea è responsabile di oltre un terzo (35%) dei rischi di elusione fiscale delle multinazionali nel mondo. L'”Asse dell’elusione” – questa volte in prima fila c’è il Regno Unito, con la sua rete di paradisi fiscali, insieme ai Paesi Bassi, alla Svizzera e al Lussemburgo – domina la parte superiore del Corporate Tax Haven Index.
Secondo l’indagine del Tax Justice Network, i maggiori destinatari di incentivi fiscali in tutto il mondo sono i settori bancario e finanziario. I dati catturano un fenomeno che evidenzia come i paesi tendano a premiare in modo sproporzionato le attività che puntano alla rendita e alla speculazione rispetto ad attività più radicate nell’economia reale, come l’agricoltura o il manifatturiero. Oltre la metà dei paesi dell’Unione europea (57%) consente alle società impegnate in attività finanziarie di non pagare tasse, mentre un ulteriore 29% concede esenzioni parziali.
Nell’86% dei paesi della Ue le società di investimento sono tassate meno delle panetterie e dei generi alimentari. Inoltre, il 18% dei paesi Ue consente alle società impegnate in maniera specifica in attività bancarie e assicurative di non pagare tasse, mentre un ulteriore 18% concede esenzioni parziali. Nel 49% percento dei paesi della Ue le banche sono tassate meno delle panetterie e dei generi alimentari.
Aliquote effettive più basse di quelle ufficiali
L’indagine mette in evidenza una forte discrepanza tra le aliquote fiscali ufficiali in vigore nei singoli paesi e quelle che vengono realmente applicate. Oltre un terzo dei paesi analizzati dal Corporate Tax Haven Index (22 su 64) fa pagare un’aliquota dell’imposta societaria più bassa dello zero per cento. I paesi Ocse registrano un’aliquota d’imposta societaria mediamente inferiore al 16%, molto al di sotto dell’aliquota d’imposta ufficiale media del 23%
L’indice classifica il sistema fiscale di ciascun paese in base al grado in cui consente l’elusione dell’imposta sulle società e integra l’indice di segretezza finanziaria del Tax Justice Network, che classifica i paesi in base al loro contributo al segreto finanziario globale con un’attenzione particolare agli individui.
Oltre due quinti degli investimenti diretti esteri globali segnalati dal Fondo Monetario Internazionale sono registrati nei 10 paesi che aprono la classifica, dove le aliquote fiscali societarie più basse registrate erano in media dello 0,54%. Queste giurisdizioni – segnala Tax Justice Network – hanno innescato una corsa verso il basso in tutto il mondo che impoverirà ulteriormente le entrate fiscali in quanto i paesi che cercano disperatamente di attirare gli investimenti stranieri cercano di primeggiare nella corsa alla “competitività fiscale” o meglio nella “guerra delle tasse”.
Il network del Regno Unito
Mentre il Regno Unito occupa il tredicesimo posto in classifica, i suoi territori d’oltremare e le dipendenze della Corona dominano la parte superiore dell’indice. Le Isole vergini britanniche, Bermuda, Isole Cayman e Jersey si sono classificate rispettivamente al 1°, al 2°, al 3° e al 7° posto. Le Bahamas, territorio del Commonwealth britannico, si classifica al 9° posto.
Il Regno Unito – sottolineano gli estensori del rapporto – con la sua rete di paradisi fiscali è di gran lunga il più grande promotore al mondo di elusione dell’imposta sulle società e ha fatto il massimo per abbattere il sistema di tassazione aziendale globale, rappresentando oltre un terzo dei rischi di elusione fiscale mondiali misurati dal Corporate Tax Haven Index.
Quasi il 14% degli investimenti diretti esteri registrati dal Fondo monetario internazionale – oltre 6 trilioni di dollari – viene effettuato nella rete dei paradisi fiscali del Regno Unito, dove le aliquote fiscali aziendali più basse sono state in media dell’1,73%. Delle 10 giurisdizioni i cui sistemi fiscali hanno ricevuto i più alti punteggi , infatti, 8 fanno parte della rete del Regno Unito: le Isole vergini britanniche, Bermuda, Isole Cayman, Isola di Man, Turks e Caicos, Anguilla, Jersey e Guernsey.
L’ipocrisia dei governi
«L’ipocrisia rivelata dal Corporate Tax Haven Index è nauseante – dice Alex Cobham, Ceo del Tax Justice Network -. Una manciata di paesi più ricchi ha intrapreso una guerra delle tasse mondiali che ha abbattuto il sistema fiscale globale delle imprese in modo irreparabile. La capacità dei governi di tutto il mondo di tassare le multinazionali per pagare gli stipendi degli insegnanti, costruire ospedali e assicurare parità di condizioni per le imprese locali è deliberatamente e spietatamente minacciata».
«Quando le nostre leggi per tassare le multinazionali cessano di funzionare, l’economia globale smette di funzionare per la stragrande maggioranza di noi – continua Cobham -. Intorno a noi vediamo le disuguaglianze, l’estremismo politico incontestato e le istituzioni democratiche che vacillano, e il filo che attraversa tutto questo è un fallimento nel difendere la tassazione progressiva. Per ridurre l’elusione dell’imposta sulle società che costa ogni anno centinaia di miliardi di dollari, i governi devono finalmente emanare regole internazionali che garantiscano la dichiarazione dei profitti e le imposte pagate nei luoghi in cui si svolge l’attività economica reale. Le aziende dovrebbero essere tassate dove lavorano i loro dipendenti, non dove nascondono i loro registri».
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