La follia dei paradisi fiscali. In Lussemburgo ogni dipendente fa utili per 8 milioni di euro, in Italia e Germania per 42mila euro

Visto il grande interesse suscitato tra i lettori, ripropongo questo post pubblicato per la prima volta martedi’ 28 aprile.

Sono le cifre della follia. Quella dei paradisi fiscali e del (colpevole) silenzio dell’Unione europea. Se non ci credete guardate questi dati. In Lussemburgo – paese fondatore della Ue e dell’ex presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker – ogni dipendente di una multinazionale americana produce ogni anno 8.832.000 dollari di utili. Avete letto bene, quasi 9 milioni di dollari, cioè – per l’esattezza – 8.167.877,76 euro. Un record. Il paese del Bengodi.

E in Italia? Ogni dipendente di una società Usa produce 45.000 dollari di utili aziendali all’anno, pari a 41.616,22 euro. Una performance micidiale rispetto agli 8,1 milioni di euro di un dipendente lussemburghese. Ma se guardiamo ad altri paesi a noi più vicini vediamo che l’Italia non è un caso isolato.  In Germania ogni dipendente di una multinazionale americana produce 46.000 dollari di utili, cioé 42.541,03 euro, in Francia 36.000 dollari e in Spagna 34.000.

Elogio della follia

Sembrano variabili impazzite, numeri a caso. Come può, infatti, il Lussemburgo, un paese di appena 610.000 abitanti e con un Prodotto interno lordo che è lo 0,1% del Pil mondiale registrare queste performance in confronto alle potenze industriali europee?

Prima di rispondere c’è un altro dato che completa il quadro di questa follia: i profitti registrati dalle società statunitensi in Lussemburgo sono pari al 94% del Pil del Granducato e sono 3,5 volte più alti di tutti gli utili delle multinazionali a stelle e strisce nell’intero continente africano.

Se poi allarghiamo lo sguardo, sempre all’interno della Ue, colpisce il dato dei Paesi Bassi, dove ogni lavoratore di una società americana produce ogni anno utili per 575.000 dollari. Se usciamo dall’Unione europea, in Svizzera l’utile medio per dipendente sale a 826.000 dollari mente in Gran Bretagna riscende a 84.000 dollari.

L’asse dell’elusione

Lussemburgo, Svizzera, Olanda e Gran Bretagna sono l’”Asse dell’elusione fiscale”, per dirla come il titolo dell’ultimo rapporto di Tax Justice Network (“The axis of tax avoidance. Time for the EU to close Europe’s tax havens”), curato da Alex Cobham, Javier Garcia-Bernardo e Mark Bou Mansour, che hanno analizzato i bilanci delle società americane presenti nei quattro paesi e nel resto dell’Unione europea.

Secondo il rapporto, gli Stati membri della Ue stanno perdendo oltre 27 miliardi di dollari all’anno di imposte sulle società che avrebbero dovuto essere versate da multinazionali americane che abusano della legge per spostare i loro profitti in Lussemburgo, Svizzera, Olanda e Regno Unito, dove le aliquote dell’imposta sulle società variano dallo 0,8% al 10%.

Oltre ai 10 miliardi persi a causa dei Paesi Bassi (oggetto di un precedente rapporto di Tax Justice Network), ci sono altri 17 miliardi dovuti allo spostamento degli utili in Lussemburgo, Svizzera e Regno Unito. Questi quattro paesi – notano gli autori del rapporto – insieme costano alla Ue 12 volte il bilancio del Consiglio europeo della ricerca, un organismo paneuropeo di finanziamento della scienza e della tecnologia che attualmente finanzia oltre 70.000 ricercatori e che ha dato risorse a sette progetti vincitori del Premio Nobel.

Spostati 115 miliardi di profitti

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Invece di dichiarare i profitti nei paesi della Ue in cui sono stati generati, le società statunitensi hanno spostato decine di miliardi di profitti (115 miliardi di dollari nel 2017) nel Regno Unito, in Svizzera, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi, dove le aliquote dell’imposta sulle società sono molto più basse, per sottostimare i loro utili nei paesi a tassazione più alta e pagare meno di tasse. Il Regno Unito, i Paesi Bassi, la Svizzera e il Lussemburgo sono responsabili, insieme, della metà dei rischi mondiali di elusione fiscale delle società.

Il Lussemburgo è responsabile delle maggiori perdite fiscali delle società statunitensi in tutta l’Unione europea: gli altri Stati membri perdono oltre 12 miliardi di dollari di imposte all’anno in seguito allo spostamento dei profitti nel piccolo Granducato. Al secondo posto ci sono i Paesi Bassi con 10 miliardi di dollari all’anno di “danni” agli altri Stati membri, poi la Svizzera con 3 miliardi e il Regno Unito con 1,5 miliardi di dollari.

I paesi più colpiti dal Covid-19

Le perdite fiscali sono state maggiori nei quattro paesi della Ue con i casi più elevati di Covid-19: la Francia ha perso poco meno di 7 miliardi di dollari di imposte sulle società (e solo considerano le corporation americane), la Germania ha perso oltre 4 miliardi, l’Italia ha asvuto un danno di poco meno di 4 miliardi e la Spagna oltre 2 miliardi di dollari.

A fronte della perdita di oltre 27 miliardi all’anno di imposte sulle società subite dagli altri paesi della Ue, i quattro Stati che compongono “l’asse dell’elusione fiscale” hanno raccolto circa 4 miliardi di tasse sulle società aggiuntive all’anno. Per ogni dollaro di imposta sulle società raccolto da questi paesi, la Ue nel suo insieme ha perso quasi 7 dollari di imposte solo dalle multinazionali Usa.

Oltre a essere responsabile delle maggiori perdite fiscali da parte delle società statunitensi in tutta l’Unione europea, il Lussemburgo è anche protagonista di un’altra follia. A fronte di un “costo” per i membri della Ue di oltre 12 miliardi di dollari di imposte sulle società perse all’anno, il Lussemburgo raccoglie solo 400 milioni di dollari  aggiuntivi all’anno. Per ogni dollaro raccolto dal Lussemburgo da società statunitensi, l’Unione europea ha perso 32 dollari.

I Paesi Bassi hanno raccolto 2 miliardi di dollari ma hanno provocato un danno per i paesi Ue di circa 10 miliardi di dollari (poco meno di 5 dollari in imposte sulle società perse dalla Ue per ogni dollaro raccolto dai Paesi Bassi). La Svizzera ha raccolto altri 800 milioni in cambio di costi per i paesi Ue di 3 miliardi di dollari (4 dollari persi per ogni dollaro raccolto). Il Regno Unito ha incassato 700 milioni di dollari aggiuntivi dallo spostamento dei profitti delle società Usa ma i costi per i paesi della Ue sono stati di circa 1,5 miliardi (poco più di 2 dollari persi per ogni dollaro raccolto).

Il trasferimento di ricchezza

Le basse aliquote fiscali effettive scaturite dall’elusione fiscale e dallo spostamento degli utili verso altri paradisi fiscali al di fuori della Ue si traducono in un enorme trasferimento di ricchezza dall’Europa verso i conti bancari offshore delle società e degli individui più ricchi del mondo.

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Secondo gli esperti di Tax Justice Network, se si aggiungessero gli effetti indiretti del trasferimento degli utili, come la pressione al ribasso sulle aliquote fiscali effettive, il gettito fiscale nella Ue si ridurrebbe tra i 150 e i 250 miliardi di dollari all’anno.

Le multinazionali Usa hanno registrato profitti per 271 miliardi in questi quattro paesi (rispetto ai 102 miliardi in tutti gli altri Stati della Ue), sui quali hanno pagato solo 15,9 miliardi di dollari di tasse, un’aliquota fiscale effettiva del 5,8%. La loro aliquota fiscale, che varia dallo 0,7% in Lussemburgo al 10,5% nel Regno Unito, è la più bassa dell’Unione europea.

Continuando a tollerare questo comportamento – scrivono gli autori del dossier -, l’Unione europea sta accettando perdite fiscali per gli altri membri della Ue pari a 25-30 miliardi di dollari ogni anno. Senza considerare che il comportamento di Lussemburgo, Olanda, Svizzera e Regno Unito ha accelerato la corsa verso il basso delle aliquote dell’imposta sulle società, che sono diminuite di circa dieci punti percentuali nell’ultimo decennio, portando ulteriori perdite di entrate in tutta la regione.

Questi effetti indiretti – scrivono gli esperti nel dossier – costano alla Ue una perdita extra di gettito fiscale di 45-50 miliardi di dollari solo per quanto roguarda le società statunitensi. In totale sono 75 i miliardi di dollari di entrate fiscali persi ogni anno a causa dei quattro paesi dell’”asse dell’elusione fiscale”.

I costi del sistema fiscale

Secondo Alex Cobham, amministratore delegato di Tax Justice Network: “La pandemia del coronavirus ha messo in luce i gravi costi di un sistema fiscale internazionale programmato per dare priorità all’interesse dei giganti corporativi rispetto ai bisogni delle persone. Per anni, il Regno Unito, la Svizzera, i Paesi Bassi e il Lussemburgo – l’asse dell’elusione – hanno alimentato una corsa verso il basso, consegnando ricchezza e potere nella Ue alle più grandi multinazionali e portandola via dagli infermieri e dai lavoratori del servizio pubblico che rischiano le loro vite oggi per proteggere le nostre “.

Tre misure da attuare

Il dossier evidenzia tre misure principali che l’Unione europea può adottare per porre fine agli abusi dei propri paradisi fiscali.

In primo luogo l’introduzione a lungo ritardata della tassazione unitaria (la base imponibile consolidata comune per le società, nella sua forma più ambiziosa), che renderebbe obsoleta la pratica di spostare i profitti in paradisi fiscali delle società per ridurre gli obblighi fiscali altrove, poiché le società dovrebbero pagare le tasse in base al luogo in cui impiegano i lavoratori per generare il profitto anziché in base al luogo in cui il profitto viene dichiarato alla fine.

Poi, l’adozione di un’aliquota minima di imposta sulle società pari al 25% o superiore, che eliminerebbe la maggior parte degli incentivi al trasferimento degli utili; e una tassa sugli utili in eccesso del 50% o del 75% nel periodo della crisi, che garantirebbe che le società che traggono profitti dalla pandemia condividano pienamente i loro utili con gli Stati da cui questi profitti derivano.

Infine, l’introduzione della rendicontazione pubblica per paese, che garantirebbe la trasparenza sia per le multinazionali che per gli Stati membri.

L’importanza della trasparenza

Un’ultima considerazione riguarda la necessità di trovare un sistema per impedire che il denaro dei contribuenti finisca nei paradisi fiscali delle società in caso di aiuti pubblici incassati dalle stesse corporation.

“Ora più che mai – sostiene Cobham – i paesi della Ue devono riprogrammare i loro sistemi fiscali per dare priorità al benessere delle persone rispetto agli interessi delle società più ricche. Questo cammino inizia con la trasparenza, dove il vero ostacolo proviene dalle multinazionali della stessa Unione europea piuttosto che dalle loro controparti statunitensi, dal momento che sono le multinazionali Ue che hanno esercitato pressioni per impedire che i country by country reporting diventino pubblici. Mentre vengono messe in atto importanti misure di salvataggio per il Covid-.19, raccomandiamo ai cittadini di sollevare queste domande oggi con i loro rappresentanti politici”.

(Post pubblicato martedi’ 28 aprile 2020 alle ore 10,59)

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  • habsb |

    egr. dr. Mincuzzi

    mi scusi, ma quanto Lei scrive non ha alcun senso.

    Non esistonto profitti “spostati” Quale è il significato giuridico e fiscale di questo termine colorito e dilettantesco che Lei usa ?

    Una multinazionale, per definizione, mantiente attività (e posti di lavoro) in più nazioni. E produce beni e servizi intermedi nel paese A, che trasferisce poi al paese B, per ulteriori lavorazioni o servizi, e cosi’ via, fino al paese N dove questi beni e servizi vengono ceduti al consumatore finale, esterno alla multinazionale.

    In ogni paese la multinazionale è tassata sui profitti fatti in quel paese. E non potrebbe essere altrimenti. Non sta all’Italia tassare i profitti fatti da Amazon in Irlanda, o in qualsiasi altra nazione.

    Non vi è dunque alcuna perdita di gettito fiscale da parte dell’Italia.

  • Filippo Ciccone |

    Tutto sto Pippone per dire che in Lussemburgo sono molto bravi. E chi se frega dell’elezione

  • Angelo Mincuzzi |

    E’ vero, gli Usa oggi sono diventati il luogo più sicuro se si vuole occultare l’origine dei soldi. Ne ho scritto ampiamente in passato sul sito del Sole 24 Ore.

  • Enzo Caputo |

    La Svizzera ha eliminato i privileggi sulla holding elvetiche già dal primo gennaio di questo anno. Tutti mirano subito sulla piccola svizzera, ma ci sono ben altri peesi che supportano l’evasione fiscale come gli USA in prima linea che non ammettono scambio di informazine bancaria dagli USA:. In futuro la tassazione si fa nel paese dove sono si fanno i profitti. Sl mito sito swiss-banking-lawyers.com si sono articoli che trattano lo scambio automatico di informazione e la tassazione delle holding privilegiata con strutture chiamate Dutch Sandwich e conosciute anche come transfer pricing. La Svizzera ha fatto esempio eliminando i privileggi sulla holding per incassare dividendi ficalmente vantaggiati.

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