Vogliamo davvero sconfiggere l’evasione fiscale? Se la risposta è sì, allora il vero, grande mostro da combattere ha un nome ben definito: Moneyland.
Che cosa sia Moneyland e quali conseguenze abbia sulle nostre vite lo spiega il giornalista investigativo britannico Oliver Bullough (foto in alto) nel suo ultimo libro “Moneyland – Why thieves & crooks now rule the world & how to take it back”, pubblicato in Gran Bretagna dalla casa editrice Profile Books e non ancora tradotto in italiano.
Moneyland è un paese di cui pochi hanno sentito parlare. Non appare su nessuna mappa, non ha confini, non possiede governi né esercito. È ovunque e da nessuna parte. È un mondo parallelo che scorre sopra le nostre teste ma che ha un impatto devastante sulle nostre vite perché, allo stesso modo di un parassita, succhia energie vitali dalle nostre fragili democrazie.
Il paese dei super ricchi
La copertina del libro Moneyland
Moneyland e’, in una parola, il mondo delle élite internazionali che spostano i loro soldi e se stessi ovunque vogliano, selezionando e scegliendo le leggi dei paesi in cui desiderano vivere. Moneyland è l’oscena incarnazione di chi, pur disponendo di risorse enormi, decide di nasconderle alla collettività violando il patto alla base dei nostri moderni sistemi democratici liberali.
“Chiamo questo nuovo mondo Moneyland – scrive Bullough -: passaporti di Malta, privacy americana, società fantasma panamensi, trust di Jersey, fondazioni del Liechtenstein, tutti collegati a formare uno spazio virtuale molto più grande della somma delle sue parti”.
Le leggi di Moneyland sono quelle che, in qualsiasi luogo, sono le più congeniali per coloro che sono abbastanza ricchi da permettersi di sceglierle ogni volta che vogliono. Se un paese cambia le proprie norme per restringere il raggio di azione di Moneyland, loro trasferiscono se stessi o i loro asset verso paesi con leggi più generose. Se un paese approva una legge che offre nuove possibilità per arricchirsi, allora le loro ricchezze vengono spostate verso quel luogo.
Il regno dell’evasione fiscale
I confini sono svaniti. Le élite muovono il loro denaro, i loro figli, le loro ricchezze e se stessi ovunque vogliano, selezionando e scegliendo quei paesi dove le leggi sono più favorevoli ai loro asset. Il risultato è che le regole e le restrizioni che valgono per le persone comuni non si applicano ai più ricchi.
“Il denaro scorre attraverso le frontiere – racconta Bullough – ma le leggi che lo regolamentano no”, hanno dei confini che valgono per alcuni ma non per altri.
Moneyland è il regno dell’evasione fiscale, della corruzione e della cleptocrazia.
In qualunque modo il denaro venga rubato, finisce poi negli stessi posti: Londra, New York, Miami. E in qualsivoglia luogo riappaia viene riciclato negli stessi modi, attraverso “shell companies” o altre strutture legali sempre nella stessa manciata di giurisdizioni: i paradisi fiscali e societari.
Il lato oscuro della globalizzazione
Questa è Moneyland. È il lato oscuro della globalizzazione, dove i capitali vengono spostati non per raggiungere il massimo grado di efficienza ma per essere protetti dalla segretezza.
Illustrazione di Antoine Dore
Ed è difficile opporsi al nuovo mondo delle élite. Non si può inviare un esercito a combattere Moneyland, proprio perché non compare su nessuna cartina geografica. Non si possono decidere sanzioni contro questo mondo virtuale, perché non ha un territorio con confini, né una bandiera. Esiste ovunque c’è qualcuno che vuole nascondere i propri soldi dal raggio di azione del suo governo e ha la possibilità di permettersi avvocati e consulenti che lo aiutano nei suoi obiettivi.
Passaporti e corruzione
Nel mondo parallelo di Moneyland sono stipati migliaia di miliardi di dollari provenienti da tutto il mondo. E il sistema nutre la corruzione che impoverisce sistematicamente milioni di persone, aiuta i dittatori a saccheggiare i loro paesi, mina lentamente le basi delle democrazie.
I passaporti vengono venduti ai ricchi da piccoli paesi affamati di entrate, come Malta o come la federazione caraibica di Saint Kitts e Nevis. Il meccanismo viene definito, dagli stessi intermediari che lucrano milioni di dollari, con il nome di “cittadinanza per investimento”.
Così, mentre la maggior parte dei cittadini paga le tasse, a Moneyland i ricchi riducono al minimo il loro contributo creando trust, spesso con sede a Jersey, un’altra isola tranquilla e segreta nel Canale della Manica. Mentre la maggior parte delle aziende sono entità tangibili e regolamentate (e pagano le tasse), in Moneyland le società di copertura vengono create e ricreate così rapidamente che persino gli Stati più potenti non possono tenere traccia di loro e dei loro beni.
Immobili per i miliardari
A Nevis, Bullough scopre edifici anonimi che ospitano 18.000 società e pochissime persone in carne e ossa. La vicina isola di St. Kitts svolge una vivace attività di vendita di passaporti.
Ci sono anche paradisi domestici, che vanno dalla città di Reno, in Nevada, allo stato del Delaware, tutti negli Usa. E poi c’è il lusso immobiliare di Londra, con decine di palazzi a Mayfair, e quello di New York, con torri scintillanti i cui appartamenti sono venduti per decine di milioni di dollari a miliardari ucraini e russi, greci e cinesi, brasiliani e americani. Abitazioni che restano perlopiù vuote.
Bullough ammette: “I ricchi hanno sempre cercato di tenere i loro soldi fuori dalle mani del governo”.
Illustrazione di Christian Bunyan
E quando Bullough visita uno dei palazzi dell’ex presidente ucraino Viktor Yanukovich, poco dopo la sua cacciata dal paese, trova fontane, cascate, statue, fagiani esotici. Una cattedrale del kitsch: “La casa – scrive Bullough – conteneva nove televisori e due di loro erano posizionati di fronte ai servizi igienici, a un’altezza ridotta”.
Yanukovic aveva saccheggiato il suo paese nascondendosi dietro società offshore create nei paradisi fiscali mentre negli ospedali ucraini mancavano i soldi per curare i bambini malati di cancro. “I funzionari di alto rango hanno tutti società all’estero, a Monaco, a Cipro, in Belize o nelle Isole Vergini britanniche – racconta a Bullough un magistrato di Kiev -. Scriviamo loro delle richieste di assistenza giudiziaria, aspettiamo tre o quattro anni e non c’è alcuna risposta”.
I soldi rubati riaffiorano poi nel virtuale mondo di Moneyland. A Londra, per esempio, dove in un edificio di Harley Street erano ospitate 2.157 società, alcune delle quali sono state utilizzate da Yanukovich per occultare la proprietà di beni rubati.
Un’élite super ricca che sembra operare oltre la legge, creando corruzione e disuguaglianza, ha spinto nel frattempo molti elettori a scagliarsi contro la globalizzazione. Eppure il contraccolpo populista non ha diretto la sua rabbia verso Moneyland. Si è rivolto invece verso le vittime di Moneyland: i rifugiati e i migranti.
Per il momento Moneyland sembra invincibile. Eppure è da lì che bisogna cominciare se si vuole davvero combattere la piaga dell’evasione fiscale.
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