di Michael Hajdenberg, Michel Henry, Yann Philippin per Mediapart
Mai allenarsi in una foresta austriaca. Chiedetelo a José Mourinho: era impegnato ad allenare le superstar del Chelsea per il nuovo campionato quando, il 23 luglio 2014, i suoi avvocati ricevettero una lettera del fisco spagnolo. La missiva dell’Agenzia tributaria di Madrid non prometteva nulla di buono: riguardava un’indagine sul Real Madrid tra il 2010 e il 2013.
Soprannominato lo “Special One”, il focoso allenatore portoghese sapeva che quell’inchiesta poteva portare lontano, dalle Isole Vergini Britanniche alla Nuova Zelanda, fino al nascondiglio inviolato del suo tesoro segreto: un conto in Svizzera (alla Banca cantonale di San Gallo) dove erano custoditi 12 milioni di euro che Mourinho aveva dimenticato di dichiarare al Fisco, prioprio come un giocatore che commette un fallo di mano in area di rigore senza che l’arbitro se ne accorga.
Ma in questo caso l’arbitro fiscale di Madrid l’aveva visto. E gli aveva inflitto una multa di 4,4 milioni di euro, sanzioni comprese. Il tutto con grande sollievo dei suoi avvocati, che temevano che il loro cliente si potesse ritrovare davanti alla giustizia penale per essere condannato a una pena detentiva.
Per dieci anni esatti questo sistema offshore si è dimostrato estremamente efficace. Era stato studiato nel 2004 per Mourinho dal suo agente Jorge Mendes, che lo ha poi esteso ai cavalli di razza più ricchi della sua scuderia, come Cristiano Ronaldo.
Il denaro giungeva nel pacifico Cantone svizzero di San Gallo attraverso le società di Mendes in Irlanda per arrivare sui conti di società offshore domiciliate alle Isole Vergini Britanniche.
Lo rivelano i documenti di Football Leaks, analizzati dal consorzio di giornalisti investigativi Eic di cui Mediapart fa parte. I documenti dimostrano come Mourinho sia andato ben oltre i suoi illustri compagni del sistema-Mendes in termini di sofisticazione per nascondere il denaro. Secondo il vecchio schema delle matrioske, la sua società scudo alle Isole Vergini, denominata Koper Services, era controllata da un trust in Nuova Zelanda amministrato da un prestanome che nascondeva l’allenatore e la sua famiglia.
L’inchiesta dell’Eic e di Mediapart rivela soprattutto che i commercialisti e gli avvocati dell’allenatore portoghese hanno nascosto informazioni al Fisco per far credere che la sua società – in realtà un guscio vuoto – svolgeva un’attività reale e sosteneva ingenti spese per ridurre le imposte.
Questi stratagemmi hanno raggiunto i loro obiettivi sia nell’inchiesta fiscale spagnola sia in quella lanciata nel 2010 dal fisco britannico sugli introiti relativi al primo passaggio di Mourinho al Chelsea (2004-2010). Ogni volta Mourinho ha raggiunto degli accordi, pagando per i suoi redditi non dichiarati ma evitando procedimenti penali. E questo gli ha permesso di rimanere tranquillo.
Grazie a (o a causa di) Football Leaks, gli ispettori del Fisco possono adesso rimettersi al lavoro nei due paesi.
Dopo aver studiato i documenti in possesso dell’Eic, Albert Sanchez-Graells, specialista spagnolo di diritto all’Università di Bristol, non ha il minimo dubbio: “Contro José Mourinho dovrà essere aperta un’inchiesta penale per frode fiscale in Gran Bretagna e in Spagna”, assicura all’Eic. Secondo il docente, i documenti “suggeriscono che la sua équipe ha deliberatamente ingannato due inchieste fiscali sugli schemi offshore destinati a nascondere milioni di soldi alle autorità”.
Interpellato dall’Eic, lo studio legale Senn Ferrero, che difende gli interessi dell’allenatore, non ha potuto che confermare gli accordi fiscali di Mourinho e gli schemi scoperti dall’Eic. Ma si è ben guardato dal rispondere su tutto il resto: l’organizzazione, la dissimulazione, le bugie.
Figlio di un calciatore, José Mourinho, 53 anni, ha debuttato come traduttore in un club calcistico prima di scalare i gradini del successo, imparando dai più grandi come Bobby Robson allo Sporting Lisbona o Louis Van Gaal al Barcellona. Le sue analisi tecniche erano molto apprezzate. Per questo motivo Robson lo aveva scelto nella sua squadra al Barcellona. Poi il “Mou” – soprannome di Mourinho – è stato lanciato con il Porto per diventare uno degli allenatori di più grande successo al mondo, maestro nell’arte della strategia (spesso difensiva) e nel motivare i suoi giocatori (…)
Quest’uomo amato o detestato è stato campione in tutti i paesi nei quali ha lavorato. In Portogallo con il Porto (2003 e 2004), in Inghilterra con il Chelsea (2005 e 2006), in Italia con l’Inter (2009 e 2010), in Spagna con il Real Madrid (2012). Ha vinto due volte la Champions League, con il Porto nel 2004 – una vittoria incredibile di una piccola pulce contro un mostro del fooball -, poi con i vecchi veterani dell’Inter nel 2010, battendo il miglior club del mondo, il Barcellona. Famoso per essere un “bad boy”, è conosciuto per le sue battute sui suoi avversari. L’uomo ha un’alta opinione di sé e ama farlo sapere.
Gli avvocati di Mourinho si dividono
È così che i milioni si sono accumulati. Un tempo Mourinho era l’allenatore più pagato del mondo ma il suo avversario preferito, Pep Guardiola, l’ha superato al Manchester City. Al Chelsea, nel 2004-2005, Mourinho è pagato 6 milioni di euro all’anno, poi si fa dare un aumento di 1,2 milioni per aver vinto nel suo primo anno un titolo sfuggito per mezzo secolo al club di Londra. Quando sbarca all’Inter nel 2009, Mourinho riesce a spuntare un compenso di 17,63 milioni in un anno, il doppio di quanto è stato annunciato in un primo tempo. Al Real Madrid in seguito ottiene 14,9 milioni di euro. Così, prima del suo attuale contratto con il Manchester United (46,5 milioni di euro in tre anni), lo “Special One” ha accumulato 140 milioni di euro di ingaggi.
I più attenti avranno notato che Mourinho ha accidentalmente subito un piccolo taglio di retribuzione tra Milano e Madrid. Nessun problema, perché il club di Madrid gli ha conferito un superbonus di 2,3 milioni di euro in diritti d’immagine. Pagamenti in gran parte artificiali, calibrati per erogare bonus meno tassati e incassati attraverso una società creata per questo scopo. È proprio questa miniera d’oro di diritti d’immagine, versati dai club e dagli sponsor, che Mourinho non ha mai dichiarato al Fisco.
Per lo “Special One” il viaggio finanziario sotto gli alberi di cocco ha avuto inizio nel 2004, quando il Chelsea ha cominciato a pagargli il primo consistente bonus legato ai diritti d’immagine (1,5 milioni di sterline in tre anni). È allora che crea il suo guscio vuoto alle Isole Vergini Britanniche, la Koper Services. Il denaro passa attraverso la Mim e la Polaris, le società di transito del suo agente Jorge Mendes, registrate in Irlanda per non spaventare i club e gli sponsor.
Mourinho è stato sanzionato una prima volta dalle autorità fiscali britanniche per i sui redditi 2004-2008. Nell’accordo che l’allenatore portoghese ha firmato nel febbraio 2010 per chiudere l’indagine, egli riconosce che gli importi non pagati “derivano interamente o in parte dalla incapacità di rispettare i requisiti della normativa fiscale”. Ma l’Hmrc, il Fisco di Sua Maestà britannica, si mostra clemente. Anche se avrebbe dovuto essere tassato al 40%, gli è stata applicata un’aliquota del 19%, pari a 288.300 sterline, cioé 300.000 in meno di quanto avrebbe dovuto pagare. E non ha versato nessuna multa per omessa dichiarazione, nonostante non abbia comunicato nulla per quattro anni.
Come è stato possibile? Semplicemente sostenendo che Koper sopportava costi significativi, deducibili dalle tasse, anche se in realtà era un guscio vuoto, destinato esclusivamente a ricevere soldi. Questo è ciò che mostrano chiaramente i documenti di Football Leaks, ai quali gli agenti del Fisco di Sua Maestà non hanno sfortunatamente potuto avere accesso, almeno fino ad ora. Ma l’indagine spagnola proverà in seguito che i milioni di euro di spese presunte erano stati in gran parte gonfiati artificialmente.
Visto il soddisfacente accordo firmato all’inizio del 2010 con il Fisco britannico, Mourinho continua a rimpolpare, come se nulla fosse accaduto, il conto svizzero di Koper Services.
Comincia ad allenare l’Inter, con il quale vince la Champions League. Poi si ritrova al Real Madrid, dove riceve 2,3 milioni di euro all’anno in diritti d’immagine. Dopo la vittoria dello scudetto spagnolo nel 2012, uno scudetto atteso dal Real per quattro anni, Mourinho conquista il suo “piccolo” aumento di ingaggio: 18 milioni di euro di retribuzione, più un bonus di 3,17 milioni per i diritti d’immagine.
Mourinho non paga imposte sui suoi diritti d’immagine. E ovviamente non li dichiara. Per sette anni, dunque, il denaro si accumula sul conto della Koper nelle Isole Vergini Britanniche. Il saldo ha raggiunto i 12 milioni di euro quando arriva la lettera delle autorità fiscali spagnole, il cui potenziale distruttivo è enorme per tutti i clienti di Jorge Mendes, che rischiano di essere scoperti.
L’agente allora assume un amico per salvare la sua scuderia: l’avvocato Julio Senn, ex Ceo del Real Madrid e fondatore dello studio legale madrileno Senn Ferrero.
Senn contatta i banchieri svizzeri incaricati di gestire il conto di Mourinho: l’affare li riempie di paura. L’avvocato teme che le società irlandesi del sistema Mendes vengano considerate dagli ispettori del Fisco come un mezzo illecito offerto ai calciatori per evitare di pagare le imposte.
Senn scopre anche le dimensioni del meccanismo grazie a Andy Quinn, il commercialista e fornitore di società offshore di Jorge Mendes a Dublino, che ha messo in piedi le società in Irlanda. I suoi rapporti diventano difficili con Carlos Osorio, l’avvocato storico di Mendes, che con Quinn ha elaborato tutto il sistema, anche se lo nega e ha assicurato all’Eic di non lavorare nel settore fiscale.
Gli ispettori del Fisco spagnolo si pongono una semplice domanda. José Mourinho ha pagato le tasse sui suoi diritti d’immagine in un qualunque paese tra il 2010 e il 2013? Secondo le informazioni raccolte dall’Eic, Julio Senn è convinto di no, ma è necessario avere una conferma dal suo collega Carlos Osorio, l’uomo che sa tutto.
La doppia cortina difensiva dei prestanome
Senn viene aiutato nel suo compito anche da un esperto fiscale, l’avvocato Diego Rodriguez, dello studio Garrigues. Quest’ultimo scopre una situazione catastrofica, che lo spinge a chiedere che la fattura dei suoi onorari (20.000 euro) venga rapidamente onorata da Mendes e Mourinho prima che la situazione degeneri, cosa secondo lui inevitabile. .
Secondo l’inchiesta dell’Eic, l’avvocato Rodriguez esprime delle forti riserve quando il meccanismo viene elaborato. Si lamenta di essere stato ignorato dai suoi colleghi, ma continua a sperare di evitare un’azione penale. Dal momento che Mourinho è pronto a pagare l’imposta, egli spera che questo impedirà agli ispettori fiscali di trasmettere il dossier ai magistrati. Si tratterebbe di una prima vittoria.
Ma Rodriguez sa che dovrà pagare e fa di tutto per limitare l’importo dell’ammenda, che ritiene certa. Una guerra di posizione di apre tra gli avvocati di Mourinho. Quelli dello studio Senn pensano che ci sarebbe tutto da perdere se si avviasse un contenzioso con le autorità fiscali, come sostiene Osorio (avvocato storico di Mendes e implicato nei meccanismi di cui beneficia Mourinho, anche se li nega), perché sono sicuri di perdere e ciò avrebbe un pesante impatto mediatico.
Gli avvocati pensano di fare riferimento all’indagine in Gran Bretagna ma Quinn, il commercialista irlandese al centro del meccanismo, li sconsiglia, spiegando che le autorità fiscali inglesi hanno già considerato i diritti d’immagine come retribuzione fittizia e li hanno già tassati. Dunque non bisognerebbe dare la stessa idea al Fisco spagnolo. Ma, soprattutto, produrre i controlli già effettuati dagli inglesi mostrerebbe agli agenti fiscali spagnoli che Mourinho è già stato sanzionato per lo stesso montaggio fiscale e che ha continuato a utilizzarlo.
L’ansia aumenta quando gli avvocati si rendono conto del carattere virtuale della società Koper. In teoria Mourinho ha ceduto i diritti della sua immagine alla Koper, che li sfrutta autonomamente. Ma come è remunerato Mourinho? Nulla è previsto nel contratto firmato tra la Koper e lo “Special One” nel 2004. Ma se la società fosse davvero un’entità indipendente, l’allenatore non avrebbe mai ceduto i propri diritti gratuitamente.
Un’altra trappola: come dimostrare che la Koper svolge realmente un’attività? Senn chiede a Andy Quinn se ci sono davvero dei dipendenti nella società domiciliata nelle Isole Vergini Britanniche o se ci sono mezzi per sviluppare una qualunque attività. Per sua sfortuna il commercialista irlandese gli conferma che la Koper è una scatola vuota.
Partita persa? Niente affatto. Gli avvocati di Mourinho trovano la soluzione. Sostengono che la Koper svolge un’attività reale e che fattura qiueste attività sotto forma di commissioni all’allenatore. Queste commissioni diventeranno per un abile gioco di scritture contabili delle spese che daranno diritto a un abbattimento fiscale, come il Fisco britannico ha ammesso. Tutto perfetto, se non fosse che si tratta di una costruzione artificiale destinata a ingannare le autorità spagnole.
Nel mese di ottobre 2014, Senn calcola i soldi depositati nel conto della Koper: al 31 dicembre 2013 il bilancio indica che la struttura deve 11.979.657 euro a Mourinho. Il progetto di bilancio redatto da Quinn all’inizio dell’anno fiscale spagnolo non fa menzione di alcuna spesa, secondo i documenti di Football Leaks.
Non importa: gli avvocati hanno inventato una soluzione. Il documento che consegnano al Fisco fa improvvisamente apparire una colonna con l’indicazione “commissione Koper”. Tutti i pagamenti alla Koper sono caratterizzati da costi miracolosi del 13,99%, pari a 1,49 milioni di euro.
Ma c’è un problema di dimensione: i conti bancari della società non menzionano queste commissioni. E come potrebbe una società senza attività avere dei costi? Fortunatamente per Mourinho, queste domande non sfiorano le autorità fiscali spagnole, che sono state ingannate in due fasi. Primo, l’avvocato Julio Senn prende il rischio di utilizzare l’indagine britannica.
In secondo luogo, per sostenere la sua inversione di tendenza, l’avvocato ha prodotto un curioso contratto datato 23 giugno 2015 tra la Koper e Mourinho. Questo documento afferma a posteriori l’esistenza di un accordo verbale del 2010 che consente alla Koper di fatturare delle uscite verso Mourinho. È l’esperto fiscale Rodriguez che ha avuto l’idea di inserire il termine “verbale” e di sostenere che l’accordo data dal 1 ° dicembre 2010. Si tratta del primo giorno del periodo indagato dall’inchiesta fiscale spagnola. Per fatti analoghi (un semplice accordo verbale), Michel Platini, l’ex presidente della Uefa, è stato sanzionato dalla Fifa.
Ma in realtà, chi possiede veramente la Koper? Se il suo proprietario si chiama Mourinho, perché avrebbe pagato delle fatture a se stesso? Anche in questo caso, le autorità fiscali spagnole hanno visto solo ciò che appare. Gli azionisti della Koper nelle Isole Vergini Britanniche sono degli studi di fiduciari locali che fungono da prestanome. Il vero proprietario è un “trust irrevocabile”, registrato in Nuova Zelanda, il Kaitaia Trust, anch’esso amministrato da una società di servizi offshore.
Protetti da questa doppia cortina difensiva, gli avvocati non esitano a fornire un documento che attesta che Mourinho “non è un azionista diretto o indiretto” della Koper. Sperano che il Fisco si accontenterà.
E la fortuna li aiuta. Nel mese di luglio 2015, le autorità fiscali spagnole accettano la percentuale del 13,99% di oneri per la Koper, che consente alla società di detrarre 1 milione di reddito. Mourinho paga una penale di 1,146 milioni di euro sui suoi diritti di immagine, oltre 3,3 milioni di euro per ritardi fiscali.
Nella risposta che lo studio Senn Ferrero invia all’Eic, gli avvocati commettono però un errore. Riconoscono che “Mourinho ha aperto la società Koper” al suo arrivo in Gran Bretagna. In altre parole, ammettono una informazione che hanno cercato di nascondere all’amministrazione fiscale.
È perché capiscono che abbiamo i documenti per provarlo? È perché sono già riusciti a evitare il rischio più importante per loro, cioé , il procedimento penale? Gli avvocati temono soprattutto un destino simile a quello di Messi, la stella argentina del Barcellona condannato il 6 luglio 2016 a 21 mesi di carcere dalla giustizia spagnola per aver sottratto 4,1 milioni di euro al Fisco, attraverso uno schema simile realizzato dal padre.
Ma sul versante fiscale, Mourinho ha battuto senza discussione l’argentino. I suoi avvocati sono riusciti a nascondere l’elemento essenziale: l’atto della costituzione del Kaitaia Trust, datato giugno 2008, firmato da Mourinho, che controlla ed è il fondatore del trust. I beneficiari sono la sua “attuale moglie e dei suoi figli.” Jose Mourinho ha dunque dichiarato che la moglie e i figli hanno rivendicato 1,5 milioni di euro di spese per una società che non ha fornito alcun servizio.
Questa finzione ha convinto gli ispettori del Fisco spagnolo e britannico. A meno che i Football Leaks non risveglino la loro curiosità.
All’improvviso Mourinho e il suo agente hanno risposto, sabato 3 dicembre, attraverso i loro legali. “Jorge Mendes non è un consulente fiscale e non ha mai consigliato ai calciatori delle strutture per i diritti d’immagine”, spiega un comunicato degli avvocati, che rispediscono ai club la patata bollente. Secondo la loro versione, le strutture sono state create “su richiesta dei club su consiglio di professionisti di diritto tributario”. È improbabile che le società interessate confermeranno questa versione: si impone un’indagine per districare la matassa.
P.S. Ho tradotto questo articolo sui Football Leaks pubblicato sabato 3 dicembre dal giornale francese Mediapart perché illustra con chiarezza i meccanismi utilizzati, anche nel mondo del calcio, per portare fondi nei paradisi fiscali. Naturalmente tutte le persone citate nell’articolo hanno affermato di aver agito nel rispetto della legge.
Mi scuso con gli autori per eventuali imprecisioni nella traduzione.
Il link all’articolo su Mediapart https://www.mediapart.fr/journal/international/041216/mourinho-iles-vierges-et-paradis-fiscaux-en-cascade
Chi vuole saperne di più su Mediapart può leggere il post Benvenuti nella redazione di Mediapart, dove i giornalisti non hanno paura del potere (e il giornale è in utile)
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